I consumi elettrici sono un indicatore significativo per dimostrare che il contribuente non utilizza il relativo immobile come abitazione principale. In tale ipotesi il Comune potrà notificare un avviso di accertamento ai fini imu disconoscendo l’utilizzo dell’immobile quale abitazione principale anche se il contribuente proprietario risulti residente anagraficamente.
Il tema è stato affrontato dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29505 del 22 ottobre 2021. Secondo quanto affermato dalla Suprema Corte, se i consumi energetici sono di modesta entità, l’Amministrazione del Comune può disconoscere l’agevolazione prevista dall’articolo 8 del D.Lgs n. 504/1992.
La residenza anagrafica si presume essere quella effettiva. Tuttavia, tale dato può essere superato dai consumi elettrici quando questi sono modesti. La Suprema Corte ha così confermato la pronuncia già favorevole al Fisco della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna (n. 1711/2019), che aveva respinto l’appello del contribuente.
In particolare, il giudice di merito di secondo grado aveva precisato che i modesti consumi energetici del triennio possono costituire una prova idonea per smentire la presunzione di dimora abituale nel luogo in cui il contribuente risulti residente anagraficamente. Nel caso in contestazione il Comune aveva dimostrato, con idonea documentazione, che i consumi irrisori dell’utente risultavano incompatibili con l’abituale permanenza nell’immobile dichiarato quale abitazione principale.
L’attuale sentenza rappresenta un orientamento consolidato della Corte di Cassazione la quale aveva già confermato quanto sopra con le sentenze nn. 12299/2017 e 1473/2018.
Nel merito, la Commissione Tributaria Regionale ha verificato la prova fornita dal Comune superando la presunzione di residenza effettiva derivante dalle risultanze anagrafiche. I consumi di modesta entità dimostravano, quindi, la presenza sporadica e quindi non abituale presso l’immobile ove il contribuente risultava residente anagraficamente.
La pronuncia è estremamente interessante ed è destinata a produrre ulteriori effetti non solo ai fini dell’IMU, ma anche ai fini Irpef.
Sulla base di quanto attualmente previsto dal testo Unico delle Imposte sui redditi, l’abitazione principale è completamente “detassata”. L’art. 10 del TUIR prevede il diritto a fruire di una deduzione dall’imponibile in misura equivalente alla rendita catastale dell’abitazione principale e delle relative pertinenze. Inoltre, sono detraibili gli interessi passivi relativi ai mutui contratti per l’acquisto della prima casa. In tale ipotesi il contribuente deve effettivamente adibire ad abitazione principale l’immobile acquistato entro un anno dall’acquisto.
L’Amministrazione Finanziaria potrà così disconoscere la deduzione dall’imponibile ai fini irpef della rendita catastale e la detrazione degli interessi passivi.