Le principali novità del decreto sostegni sul contributo a fondo perduto.
ATTENZIONE:
1) AD OGGI NON ESISTE ANCORA IL PROVVEDIMENTO DEL DIRETTORE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE PER PRESENTARE LE NUOVE DOMANDE.2) QUANDO SI PARLA DI FATTURATO SI INTENDENDONO GLI IMPORTI SENZA IVA…..E NON SEMPRE E NON PER TUTTI LA NOZIONE DI FATTURATO COINCIDE CON I RICAVI.
Beneficiari del contributo a fondo perduto, per il quale in sede di istanza telematica si dovrà specificare se si intende ottenere l’accredito in conto corrente oppure la fruizione sotto forma di credito d’imposta da compensare con modello F24, saranno i titolari di partita IVA residenti o stabiliti in Italia, esercenti attività di impresa, arte o professione, compresi gli enti non commerciali (anche terzo settore e enti religiosi civilmente riconosciuti), in relazione all’attività commerciale eventualmente svolta. Ammessi anche i soggetti che producono reddito agrario di cui all’articolo 32 del TUIR.
La prima condizione d’accesso è l’aver conseguito ricavi (art. 85 c.1 lett. a) e b) TUIR) o compensi (art. 54 c. 1 TUIR) non superiori a 10 milioni di euro. Stesso limite è previsto per il reddito agrario (art. 32 TUIR). La verifica di questa condizione, si badi bene, deve essere effettuata guardando al secondo periodo l’imposta antecedente all’entrata in vigore del decreto, ovvero al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019.
La seconda condizione d’accesso consiste nel calo di fatturato / corrispettivi determinato guardando alla data di esecuzione dell’operazione; valgono quindi tutte le regole già stabilite con riguardo al CFP del Decreto Rilancio D.L. 34/2020: l’ammontare medio mensile del fatturato 2020 deve essere inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del 2019.
Quanto alla determinazione del contributo, occorre applicare una percentuale alla differenza tra il fatturato/corrispettivi medio mensile 2020 e quello 2019; tale percentuale varia a seconda dei ricavi/compensi del 2019.
Prima di ricordare le percentuali, che comunque erano già state anticipate nei giorni precedenti, è opportuno porre l’accento sul fatto che la percentuale di spettanza non è determinata in base al fatturato (come sembrava in un primo momento, potendo quindi immaginare di dover far riferimento al fatturato del 2020) bensì in base ai ricavi/compensi dichiarati per l’esercizio in corso al 31/12/2019, un anno del tutto “normale” e quindi con dati potenzialmente superiori a quelli immaginabili con riferimento al fatturato 2020. Si ricorda inoltre che non necessariamente i ricavi/compensi corrispondono al fatturato, posto che entrano in gioco le regole di determinazione del reddito a seconda del regime contabile adottato (competenza, cassa, ecc.) ed anche alla luce della concorrenza al valore del fatturato di operazioni che non rappresentano ricavi/compensi tipici, quali le cessioni di beni strumentali.
Le fasce per la determinazione del CFP sono le seguenti (la percentuale deve essere applicata alla differenza tra il fatturato medio mensile 2019 e quello medio mensile 2020):
- Ricavi / compensi 2019 fino a 100mila euro: 60%
- Ricavi / compensi 2019 > 100mila euro e fino a 400mila euro: 50%
- Ricavi/compensi 2019 > 400mila euro e fino a 1 milione di euro: 40%
- Ricavi/compensi 2019 > 1 milione di euro e fino a 5 milioni: 30%
- Ricavi/compensi 2019 > 5 milioni e fino a 10 milioni (soglia massima): 20%
Il contributo viene comunque riconosciuto nella misura minima di 1.000 euro per le persone fisiche e 2.000 euro per le società; l’ammontare massimo è fissato in 150.000 euro.
Esempio:
- Ricavi 2019: euro 350.000 (corrispondente alla fascia 2)
- Fatturato/corrispettivi 2020: Euro 216.000 = ft. medio mensile anno 2020: euro 18.000
- Fatturato / corrispettivi 2019: euro 350.400 = ft. medio mensile anno 2019: euro 29.200
Il calo di fatturato mensile medio è pari a euro 29.200-18.000= euro 11.200 euro, che corrisponde ad un calo percentuale medio del 2020 rispetto al 2019 pari al 38,36%, e quindi superiore alla soglia richiesta del 30%.
Il CFP spettante sarà pari a 11.200 euro x 50% = 5.600 euro.
Vi sono tuttavia casi per i quali il CFP non ogni caso riconosciuto, ovvero:
- Soggetti che hanno cessato partita IVA alla data di entrata in vigore del decreto Sostegni;
- Soggetti che hanno aperto partita IVA dopo la data di entrata in vigore del decreto Sostegni;
- Enti pubblici ex art. 74 TUIR;
- Intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’art. 162-bis del TUIR.
Per quanto riguarda i soggetti che hanno aperto partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019, il CFP viene riconosciuto comunque, anche in assenza di calo di fatturato nella misura richiesta, ma vi è una novità rispetto a quanto era previsto per il CFP del decreto Rilancio: questi soggetti dovranno determinare il fatturato medio 2019 in rapporto ai mesi di attivazione della partita IVA. Ciò significa che un soggetto che ha aperto partita IVA, ad esempio, il 1° marzo 2019, potrà far valere quale dato di fatturato medio mensile 2019 il fatturato totale del 2019 diviso, in questo caso, 10 mesi; se non si verifica lo scostamento del 30% richiesto, il CFP spetterà in ogni caso, nella misura minima, ma se la risultanza dovesse dimostrare una perdita ancora più consistente, il CFP sarà erogato in aderenza alle somme effettive, e non in misura minima (come invece accadeva con il decreto Rilancio). Resta da capire, poiché nulla viene disposto in proposito nel decreto, come si debba effettuare il conteggio, ovvero se su base giornaliera, oppure, per esempio, computando i mesi considerando un mese intero se sopra o sotto i 15 giorni come avviene per l’IMU. Da questo punto di vista, quindi, già emerge un importante chiarimento che dovrà essere fornito.
L’istanza dovrà essere presentata in modalità telematica, secondo un Provvedimento attuativo che dovrà essere emanato, e comporta la necessità di effettuare attenti controlli, anche in considerazione delle pesanti sanzioni previste in caso di errore, che sono quelle già previste dal D.L. Rilancio.
Dovrà essere presentata a pena di decadenza entro 60 giorni dalla data di apertura del canale (ad oggi non nota), a cura del contribuente, se dotato di credenziali proprie di accesso, o per il tramite di un intermediario abilitato, e qui occorre un nuovo richiamo all’attenzione poiché il testo prevede che l’intermediario (ex art. 3 DPR 322/1998) possa presentare per conto del contribuente solo se delegato al servizio del cassetto fiscale. Parrebbe quindi preclusa la possibilità per l’intermediario di essere delegato sotto altra forma (rendendo autocertificazione in sede di istanza) o di poter operare se delegato ai servizi di fatturazione elettronica e non anche al cassetto fiscale. È quindi indispensabile da subito effettuare una verifica dei contribuenti da gestire, e se del caso attivare la delega al cassetto fiscale senza ritardo, per poter essere in grado di operare.